Blue Monday - New Order - 80sneverend - Dance pioneers

I pionieri della dance

New Order – Blue Monday

#quotefromthe80s
I still find it so hard
To say what I need to say
But I'm quite sure that you'll tell me
Just how I should feel today
#BlueMonday #NewOrder

Non è facile dire quando sia nata la musica dance, o quando tra new wave e pop si sia insinuata quella variazione che, supportata probabilmente dai progressi tecnologici che mettevano a disposizione sintetizzatori e batterie elettroniche sempre più accessibili, ha di fatto reso importante il concetto di bpm e ha permesso la nascita di un vero e proprio nuovo genere. Certamente, nel marzo del 1983 uscì una canzone che segnò un vero e proprio confine, anzi, una canzone che indicò chiaramente che un confine era certamente stato oltrepassato, ed eravamo quindi entrati nel glorioso territorio della dance music.

La canzone era naturalmente Blue Monday dei New Order, un gruppo inglese che veniva dal mondo del post-punk. I tre uomini del gruppo erano infatti parte del gruppo degli Joy Division insieme al leader del gruppo, Ian Curtis, che si era suicidato nel maggio 1980. In seguito a questo tragico evento gli altri tre membri, il cantante Bernard Sumner, il bassista Peter Hook e il batterista Stephen Morris sciolsero il gruppo e ne rifondarono un altro dopo alcuni mesi, portando a bordo anche la tastierista Gillian Gilbert, che era la fidanzatina di Morris.

La casa discografica accettò la loro richiesta di non presentarsi più come Joy Division ma di avere un nome completamente nuovo. Il loro manager (che era stato ovviamente il manager anche dei Joy Division) sceglierà il nome New Order, ma alcune cronache dell’epoca parlano di un vero e proprio accordo tra i quattro membri originari dei Joy Division: se qualcuno se ne fosse andato dal gruppo, gli altri non avrebbero più usato il nome Joy Division, ma avrebbero preso il nome di New Order. Probabilmente non pensavano al suicidio di uno dei membri, ma di fatto onorarono il patto che avevano stretto anni prima.

I New Order, comunque, si distinsero abbastanza dai Joy Division, forse anche perché comunque la musica e i tempi erano in piena evoluzione, e il periodo post-punk e dark stava lasciando il posto al pop, per cui i quattro ragazzi della zona di Manchester si adattarono alla grande alle nuove tendenze.
Blue Monday era una canzone diversa da tutte le altre, qualcosa davvero di mai ascoltato prima, fin dalle prime note. O meglio, fin dai primi colpi di batteria elettronica incalzante, perché questa ritmica così caratteristica fu sicuramente uno dei motivi di grande successo della canzone, e la fece diventare davvero uno dei brani di riferimento per tutto il mondo del synth-pop e anche della dance. Potremmo quasi dire che fu la prima canzone di questo genere ad avere visibilità nelle classifiche pop e in televisione, visto che già due settimane dopo l’uscita del disco i New Order si esibirono a Top of the Pops.

Peraltro, potremmo pensare che a un suono così futuristico e rivoluzionario i New Order avessero abbinato anche un look innovativo e magari spaziale, come avevano fatto i Rockets con Galactica o prima ancora i Kraftwerk in tutta la loro produzione, e invece si presentarono ai teenagers che guardavano la televisione vestiti più o meno come loro o come i loro fratelli maggiori: camicie, giubbetti di jeans, capelli dei colori naturali, niente che richiamasse un mondo di cervelli elettronici o di alieni.

Anche leggendo il testo, Blue Monday è una canzone non così fuori dall’ordinario, anche se certi versi sono sicuramente profondi e per niente banali. I New Order in realtà non sono mai stati troppo precisi sul significato di questa canzone, e hanno sempre minimizzato dicendo che prestavano attenzione più ai suoni e alla musica, e poi le parole venivano da sole; quindi, non aveva senso cercare di interpretare ogni singolo verso della canzone. Questo approccio ricorda altri artisti, come David Byrne con i suoi Talking Heads in Burning Down the House, dove il testo completato da alcuni giochi di parole di fatto è trascinato da una musica travolgente, o come i Duran Duran, le icone del decennio, con Simon Le Bon che ha sempre ammesso di preferire versi e parole che suonassero bene in un certo contesto, anche se magari non avevano un vero e proprio significato concreto.

Il tema della canzone, comunque, sembra essere quello di una relazione fallita che sta per concludersi, con il protagonista in bilico tra il momento in cui prendiamo atto della delusione che abbiamo avuto, e il primo momento di rinascita in cui comunque dobbiamo pensare e disegnare il nostro prossimo futuro. Va detto che negli anni ’80 c’era chi sosteneva che la vera protagonista della canzone non fosse una donna, ma una dipendenza, che appunto aveva svuotato il protagonista da ogni energia e da ogni forma di positività.

La canzone non aveva quindi nulla a che vedere con il concetto odierno di “Blue Monday”, cioè quel giorno di gennaio che passa per essere il giorno più triste dell’anno. Anzi, il titolo arrivava da un libro che uno dei componenti stava leggendo, in cui una illustrazione salutava l’avvento della lavatrice nelle case con un “Goodbye, Blue Monday!” riferito al non dover fare più il bucato amano. In ogni caso, dobbiamo notare che in oltre sette minuti di canzone il titolo non compare nemmeno una volta nel testo.

La canzone divenne rapidamente un successo internazionale per una serie di motivi che di fatto la rendevano assolutamente futuristica. Intanto, la copertina del disco era assolutamente inusuale e riproduceva un floppy disk da 5,25 pollici. La riproduzione era fatta talmente bene, con degli inserti in metallo e delle lavorazioni speciali, che il costo della sola copertina superava il prezzo di vendita del disco, e quindi di fatto la casa discografica perdeva soldi per ogni copia stampata.

La cosa venne tollerata per un periodo iniziale, finché il successo inaspettato della canzone fece diventare chiaro a tutti che la casa di produzione sarebbe finita gambe all’aria, e quindi si decise di realizzare una seconda copertina molto simile alla prima, ma dai costi di produzione decisamente inferiori.
Peraltro, le copertine di questa canzone non riportavano neppure l’indicazione di canzone, titolo e autori, ma avevano soltanto un codice formato da quadretti colorati su un lato. Il retro del disco riportava le regole per decrittare il codice. Tutto ciò rendeva Blue Monday una canzone assolutamente del futuro.

Il video originale del 1983 era un po’ ansiogeno: oltre a elaborazioni di computer graphics davvero primordiali, come linee e poligoni disegnati sullo schermo, quello che vediamo sono immagini piuttosto cupe rielaborate in modo che sembrino futuristiche e in generale anche un po’ confuse. Vediamo carri armati che avanzano, missili, aerei, scene di proteste per le strade, alternate a scene dei New Order, sovraesposti e poco riconoscibili a causa appunto di queste elaborazioni.

Quello che veramente aveva reso la canzone un successo indimenticabile, dicevamo, era la musica e soprattutto il ritmo. Ci fu anche un po’ di casualità, come ammise in una intervista la tastierista Gillian: per programmare la batteria e gli altri strumenti elettronici, non essendoci ancora le schermate visuali cui siamo abituati oggi, era stato necessario inserire sotto forma di numeri una lunga serie di note o suoni. Per fare ciò, Gillian aveva unito una serie di fogli con le sequenze dei numeri da inserire, ma durante il processo ebbe un attimo di distrazione e dimenticò una nota.

Questo piccolo errore di fatto portò strumenti diversi a non essere più in sincronia, perché uno anticipava di pochissimo gli altri per via della nota mancata, ma i New Order trovarono che l’effetto finale era assolutamente innovativo e piacevole, e decisero di lasciare le cose come stavano senza correggere l’errore. Nella stessa intervista, peraltro, Gillian ricorda come il gruppo abbiam registrato ed elaborato per giorni interi i suoni più strani e meno convenzionali, al limite del fastidio, per avere materiale su cui sperimentare.

Blue Monday, dicevamo, andò incontro a un successo che davvero superò ogni più rosea aspettativa: non solo entrò in due periodi separati top ten nel 1983, e non solo venne unanimemente indicata come l’origine primordiale di tutta la musica dance, ma fu anche reincisa almeno dagli stessi New Order almeno due volte, nel 1988 e nel 1995, e rientrò clamorosamente nelle classifiche in entrambe le occasioni.

La versione del 1988 fu anche dotata di un nuovo video, particolarissimo, girato nello stile inconfondibile del regista Michael H. Shamberg – che attenzione, non è il Michael Shamberg produttore di film come Un pesce di nome Wanda; tra il regista e il produttore c’è una H. di differenza.

Michael H. Shamberg aveva uno stile inconfondibile fatto di immagini surreali e di atteggiamenti e pose tra il futuristico e il grottesco – il tutto condito da colori piuttosto vivaci. In particolare, il video di Blue Monday 88 vede tra i protagonisti un cane bellissimo, un bracco di Weimar che era di proprietà di uno dei fotografi, che viene ripreso appunto in pose curiose e surreali – ma non preoccupatevi, il cane ha l’aria di divertirsi e probabilmente di essere come spesso accade il più intelligente del gruppo, con tutto il rispetto per i New Order. Guardando questo video probabilmente vi vengono in mente altri video surreali come True Faith sempre dei New Order o alcuni video di Grace Jones, e non è assolutamente un caso, perché sono tutti video diretti da Michael H. Shamberg.

Insomma, Blue Monday in pochissimo tempo è diventata davvero una pietra miliare della storia del pop e soprattutto della dance music, e lo dimostra il fatto che è tuttora il mix da 12” più venduto della storia, con oltre un milione e mezzo di copie vendute tra tutte le varie edizioni nel corso degli anni.

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