Propaganda – p: Machinery
#quotefromthe80s
Another hope feeds another dream
Another truth installed by the machine.
A secret wish the marrying of lies
Today comes true what common sense denies.
#Propaganda #pMachinery
Abbiamo già detto diverse volte come i mesi tra il Natale del 1984 e il Live Aid, che fu a luglio del 1985, siano probabilmente stati il periodo d’oro degli anni ’80. Non solo grandissime produzioni da parte dei tutti i grandi artisti, ma anche tantissimi esperimenti e gruppi nuovi che raggiungevano il meritato successo e la meritata visibilità. Era il periodo d’oro dei Go West di We Close Our Eyes, degli Hong Kong Syndikat di Too Much, di Belouis Some e Imagination, di Paul Hardcastle e 19, dei Marillion e di Kayleigh, dei Tears for Fears e di Shout, e naturalmente, dei Propaganda.
Dopo alcuni anni di esperienza in Germania, i Propaganda, originari di Düsseldorf, si erano trasferiti in Inghilterra dove avevano ottenuto un contratto dalla ZTT Records, la casa di produzione di Trevor Horn, che dopo l’esperienza con i Buggles di Video Killed the Radio Star e con gli Yes, era ormai un produttore a tempo pieno. E con la sua casa discografica aveva lanciato per esempio il grandissimo successo di Relax dei Frankie Goes to Hollywood.
E così, già dal 1984 i Propaganda avevano iniziato a lavorare al loro primo album. In realtà avevano già avuto due successi: uno più di nicchia, Dr. Mabuse, nel 1984, e poi uno più clamoroso nel mese di aprile del 1985, e stiamo ovviamente parlando della bellissima Duel, che resterà per sempre la loro canzone simbolo.
In realtà Duel, per quanto canzone molto bella e ricercata, era forse la canzone più commerciale e orecchiabile di questo gruppo sofisticato e assolutamente innovativo. In effetti la loro musica prendeva chiaramente spunto dalle atmosfere new wave che oramai stavano passando di moda, ma il loro talento riusciva a rendere queste atmosfere sempre più intriganti.
Il mese di luglio del 1985 fu il momento della loro consacrazione, dapprima con l’uscita dell’album A Secret Wish, e poi, negli ultimi giorni del mese, con l’uscita della bellissima p:Machinery, inquietante fin dal titolo.
L’album A Secret Wish era bellissimo: uno dei capolavori assoluti degli anni 80 al pari di Forever Young degli Alphaville o Welcome to the PleasureDome dei Frankie Goes to Hollywood. Poi certo c’erano i grandi album dei Duran Duran, di Madonna, di Springsteen, ma c’erano anche questi capolavori assoluti semisconosciuti.
Anche il titolo dell’album peraltro prende spunto da un verso della canzone p:Machinery. Una canzone che riprende il filone della alienazione e della massificazione che avevamo già trovato in capolavori come Another Brick in the Wall dei Pink Floyd, o in Radio Ga Ga dei Queen, soprattutto per quanto riguarda il video.
p:Machinery (la p: sta per Propaganda) racconta di un mondo dominato dalle macchine, che decidono il destino e i tempi di code di esseri umani ormai esausti, con i rumori delle macchine che diventano urla e ordini da eseguire in giorni che ormai non sono diversi dalle notti.
La canzone inizia con un mantra di quattro parole ripetuto quattro volte, esattamente come se fossero istruzioni di lavoro: potenza, forza, movimento, guida, o in inglese, power – force – motion – drive. Le macchine decidono cosa è vero, e tutto ciò che è privo di senso diventa realtà. Un capolavoro di disperazione orwelliana, tra l’angoscia di Metropolis e quella degli incubi post-apocalittici che tanto andavano di moda a metà degli anni 80.
Il video è un capolavoro, ma non è come potremmo aspettarlo leggendo il testo, che in effetti si prestava a scenari come quelli di Radio Ga Ga appunto, o di The Wild Boys dei Duran Duran.
Il regista polacco Zbigniew Rybczyński ci mostra una sensualissima Claudia Brücken vestita di bianco, che fa da presentatrice a uno spettacolo di burattini. I burattini però sono persone legate ai fili, e sono ovviamente gli altri membri del gruppo, Susanne Freytag, Ralf Dorper e Michael Mertens. I tre burattini sono vestiti in smoking neri, e sono vivi: pur legati e agitati da fili e corde, mostrano emozioni e soprattutto una rassegnata disperazione per le cose che sono costretti a fare. Un video inquietante, ma certamente un capolavoro.
Alla fine un dettaglio ci mostra anche i burattinai, e ci svela che i burattini sono legati a strumenti che ricordano i tre colori rosso, verde e blu, il che potrebbe costituire un legame con il mondo informatico, anche se questa interpretazione oggi scontata poteva essere del tutto casuale negli anni ’80.
Va detto che Rybczyński ha poi diretto altri grandi video degli anni 80, come Alive and Kicking e All the Things She Said per i Simple Minds, o Opportunities per i Pet Shop Boys.
p:Machinery ebbe un grandissimo successo, in Europa e anche negli Stati Uniti, ma purtroppo segnò l’inizio della fine dei Propaganda. Infatti, nel giro di pochi mesi i Propaganda entrarono in contatto con un avvocato che spiegò loro come il contratto con la ZTT Records non fosse per nulla equo, e come corressero il rischio di fare dischi per sempre senza guadagnare nulla. I Propaganda entrarono in causa con la casa di Trevor Horn, e ci vollero due anni per giungere a una risoluzione. Ma nel frattempo gli anni ’80 stavano cambiando, e anche i membri del gruppo presero strade diverse.
Sentiremo parlare ancora di Claudia Brücken, che comporrà un duo insieme allo scozzese Thomas Leer, che si chiamerà Act (che se ricordo bene voleva dire Alliance of Claudia and Thomas). La ritroveremo quindi in Snobbery and Decay ma i successi dei Propaganda resteranno un ricordo lontano.
I Propaganda si sono poi più o meno riuniti e suonano tuttora con il nome di xPropaganda, ma restano comunque un vero simbolo degli anni 80: un solo album ma bellissimo e ricco di capolavori, tre singoli di cui due incredibili, e una presenza indelebile nei cuori dei dinosauri degli anni ’80.
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