Wouldn't it be good - Nik Kershaw - 80sneverend - The illuminated alien

L’alieno illuminato

Nik Kershaw – Wouldn’t It Be Good

#quotefromthe80s
The cold is biting
Through each and every nerve and fiber
My broken spirit is frozen to the core
I don't wanna be here no more
Wouldn't it be good to be in your shoes
#NikKershaw #WouldntItBeGood

Il 1984 fu davvero, insieme alla prima metà del 1985, il periodo d’oro degli anni ’80. Il livello degli artisti e delle canzoni in quel periodo era eccelso, e a mio modesto parere era mediamente superiore alla generazione che invece visse e chiuse la seconda metà degli anni ’80, ovviamente con le dovute eccezioni.

Tra i nomi che furono protagonisti assoluti in quel periodo, Nik Kershaw fu probabilmente uno dei più sottovalutati, ma assolutamente uno dei più originali e caratteristici. Dopo i consueti anni di gavetta tra gruppi di amici ai tempi del college, e band che suonano tra feste e cantine, alla fine del 1983 esce il primo singolo di Nik, che deve spianare la strada al primo album. “I won’t let the sun go down on me” non passa inosservata, ma ottiene meno successo di quanto la casa discografica avesse sperato. verrà ripubblicata l’anno seguente con maggiore fortuna.

La svolta arriva con l’inizio del 1984, precisamente il 6 gennaio (che non era festivo, nel Regno Unito), quando esce sul mercato il secondo singolo di Nik, ed è una canzone destinata a restare nella storia degli anni ’80. Il video non era ancora pronto, sarebbe uscito tra gennaio e febbraio (sul video viene riportata la data del 24 gennaio, e in effetti in molti Paesi d’Europa anche la canzone uscirà a fine mese), ma “Wouldn’t it be good” iniziò ad ottenere un successo clamoroso nella programmazione radiofonica, scalando le classifiche.

Con l’uscita del video il successo di Nik Kershaw diventò assolutamente inarrestabile, e spinse l’intero album “Human Racing” nella top ten di molti Paesi europei. In questo periodo ci fu un certo parallelismo tra le carriere di Nik Kershaw e di Howard Jones, e in effetti girava anche la voce di una certa rivalità tra i due. Personalmente credo che entrambi siano non solo grandissimi artisti, ma anche persone molto corrette, e lo testimonia l’esecuzione acustica di questa canzone che i due fecero insieme in uno dei concerti di Howard Jones che vi invito a vedere nella pagina di Nik Kershaw all’interno della sezione dedicata agli artisti ieri e oggi.

La canzone è fantastica. Nik Kershaw si è sempre considerato soprattutto un chitarrista e ha sempre lavorato per diventare un grande chitarrista, e in effetti in questa canzone dà prova di esserlo, ma forse non si era reso conto del livello complessivo della canzone, a partire dalla melodia, originale e avvolgente, anche lontana dai ritmi del pop e della dance di quegli anni, ma assolutamente irresistibile.

Anche il testo è un’opera d’arte. Nik Kershaw usa parole e immagini non comuni per descrivere le sensazioni, cosa che nella seconda parte degli anni ’80 diventerà sempre più rara, sotto la spinta dell’omologazione dance-pop (fatte come dicevamo le dovute eccezioni soprattutto per i grandi gruppi come U2, Depeche Mode, e altri). Versi come “il freddo morde attraverso ogni fibra e ogni nervo” non sono assolutamente da tutti. Anche il tema della canzone è profondo, l’apparente semplicità dei successi e della vita altrui, che spesso nasconde sacrifici, rinunce o compromessi che non vogliamo vedere. O almeno, credo che sia questo il senso della canzone, visto che Nik a volte scriveva le canzoni in maniera provvisoria con l’intenzione di migliorarle e raffinarle in seguito, ma ciò non sempre avveniva.

Anche il video è un’opera d’arte. Nik è un alieno che si trova sulla terra, e il suo abito è un po’ come le batterie degli smartphone: all’inizio è assolutamente brillante di luce propria, ma col passare del tempo si offusca e diventa una specie di schermo per le sensazioni delle altre persone (e del testo della canzone). Fantastica la scena in cui la donna nell’altro palazzo si prepara un cocktail tra bottiglie di Campari e Cinzano, e i dettagli appaiono sul vestito di Nik. In casa c’è un macchinario che evidentemente serve a comunicare, e che ricorda i tubi futuristici dei Buggles in “Video killed the radio star“. Alla fine Nik viene attratto presso una grande antenna (che in realtà si trovava in un osservatorio vicino a Cambridge). Raggiungere l’antenna è un’impresa, Nik è stremato e per strada cade varie volte, come accade in certi incubi dove sappiamo di essere in forte ritardo, ma non riusciamo a camminare. Infine, raggiunta l’antenna dove vengono ricevuti e tramsessi i segnali del suo pianeta, Nik svanisce, verosimilmente trasportato a casa.

“Wouldn’t it be good” segnò un punto di svolta e una accelerazione incredibile per la carriera di Nik Kershaw, che visse due anni ai massimi livelli e alla massima velocità, con serate di concerti in giro per l’Europa in cui contemporaneamente lavorava al secondo album. “Human Racing uscì appunto a fine febbraio del 1984, e l’album successivo, “The Riddle”, uscì a novembre dello stesso anno.

Questo tour de force però diede a Nik Kershaw il successo meritato e anche una certa gloria, se è vero che fu tra i protagonisti del “Live Aid” di Wembley, verosimilmente il punto più alto degli anni ’80, anche se non aveva preso parte al progetto Band Aid e a “Do they know it’s Christmas“.

E come accadde a quasi tutta la sua generazione, dopo il Live Aid la sua stella si affievolì, e gli album successivi non seppero ottenere lo stesso successo. Ma non era cambiato Nik: eravamo entrati in una fase diversa degli anni ’80, certamente più legata all’immagine e alla superficialità, dove le canzoni venivano scritte a tavolino in un’ora e suonate con strumenti elettronici su basi spesso identiche.

Ma i dinosauri non dimenticano, e quando Nik Kershaw partecipa a serate e concerti con gli altri artisti degli anni ’80, è tuttora uno degli interpreti più amati e apprezzati.

Nik Kershaw su Wikipedia

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