China Crisis – Black Man Ray
#quotefromthe80s
Forever change as time goes by
Yes, yes, I could be wrong
Why, why, should I pretend
God only knows in the end
#ChinaCrisis #BlackManRay
La primavera avanzava decisa nelle settimane intorno alla metà di marzo del 1985. In quei giorni usciva un singolo molto bello, che doveva introdurre il nuovo album di uno dei gruppi più sottovalutati degli anni 80. Parliamo dei China Crisis, un gruppo che aveva alle spalle diversi anni di esperienza e tanta musica di qualità, forse non eccessivamente commerciale, e sempre un po’ in bilico tra easy listening, new wave e pop.
Gary Daly e Eddie Lundon erano abbastanza conosciuti nella scena di Liverpool, una vera officina di talenti tra la fine degli anni 70 e la metà degli anni 80, pensiamo agli Orchestral Manoeuvres in the Dark di Enola Gay, ma anche agli A flock of Seagulls, ai mitici Pete Wylie e Josie Jones, i Mighty Wah di Come back, fino agli stessi Frankie Goes to Hollywood. I due ragazzi avevano trovato un grande produttore per il loro prossimo disco, Walter Becker che era stato membro degli Steely Dan. la casa discografica aveva chiesto loro chi volessero per il prossimo disco, e avevano risposto… qualcuno degli Steely Dan! E la richiesta fu esaudita.
I China Crisis erano giunti al terzo album della carriera, e i primi due avevano dei titoli impressionanti, come Difficult Shapes & Passive Rhythms, Some People Think It’s Fun to Entertain oppure Working with Fire and Steel – Possible Pop Songs Volume Two. Titoli lunghi al limite della provocazione. Immagino che si siano sentiti in difetto, quando hanno scelto il titolo del nuovo album, un semplice Flaunt the imperfection.
La canzone che apriva la strada all’album era questa bellissima Black Man Ray. Una canzone molto dolce, dalla melodia vagamente orientale come giustamente impone il nome China Crisis. una canzone profonda e nostalgica, se è vero che si apre con la domanda “A cosa pensi?” e con la donna che risponde “Sto pensando a tutto il tempo passato in questa stanza”. Una canzone sulle ali di quel sentimento che ci prende quando sappiamo che facciamo una cosa per l’ultima volta, magari svuotiamo una casa in cui siamo stati bene. Insomma, il sentimento di una pagina che si sta voltando per sempre, a metà tra il magone e la speranza di un futuro migliore.
Il titolo della canzone è sempre stato misterioso. Non sappiamo bene chi sia Black Man Ray, un soprannome che oggi potrebbe suonare al di là del politically correct. La teoria più credibile è che Ray fosse un signore di origine nigeriana che gestiva una specie di centro per giovani con una sala di registrazione artigianale, dove anche i China Crisis andavano a suonare. Non so se sia vero, ma diciamo che è più plausibile di altre interpretazioni.
Il video secondo me è molto bello, sempre sull’onda della nostalgia, e si sposa perfettamente con le atmosfere della canzone. Le suggestioni ed i ricordi legati alla stanza si mescolano alle immagini di quell’ultimo momento nella stanza.
I China Crisis sono tuttora in attività, ma non hanno più raggiunto la popolarità ottenuta con Black man ray. Probabilmente il loro talento multiforme li ha tenuti un po’ in bilico tra vari stili, e questo ha impedito loro di approfondire un genere o uno stile. O forse, proprio questa trasversalità era il loro stile.
China Crisis su Wikipedia
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