Duran Duran – The Wild Boys
#quotefromthe80s
They tried to tame you, looks like they'll try again
Wild boys never lose it
Wild boys never chose this way
Wild boys never close your eyes
Wild boys always shine
#DuranDuran #TheWildBoys
Il periodo d’oro degli anni ’80, in cui la produzione di grandi successi pop fu davvero senza precedenti, iniziava nell’autunno del 1984, e si concludeva con il Live Aid, il 13 luglio 1985. Una data che fece da spartiacque tra due generazioni di artisti fenomenali. Forse questo periodo d’oro è iniziato il 24 novembre 1984, il giorno in cui tutto il meglio del pop inglese si riunì per incidere Do They Know It’s Christmas, ma possiamo spingerci un po’ più indietro e ipotizzare che sia iniziato il 26 ottobre 1984, il giorno in cui uscì la canzone che probabilmente rappresenta al meglio la musica degli anni 80: The Wild Boys.
La canzone nasce da un favore, se vogliamo dire così, che i Duran Duran volevano fare al loro regista preferito, il regista per eccellenza degli anni 80, Russell Mulcahy. Mulcahy aveva diretto, ormai lo sappiamo a memoria, i video più importanti di quegli anni, da Video Killed the Radio Star dei Buggles, a Bette Davis Eyes di Kim Carnes, a Total Eclipse of The Heart di Bonnie Tyler. E tutti i grandi video dei Duran Duran: Planet Earth, Save a Prayer, Rio, Hungry Like the Wolf. Così, quando Russell chiese ai Duran Duran una canzone per il prossimo film che aveva in mente, i Duran Duran non esitarono ad accettare, e gli chiesero maggiori dettagli.
Mulcahy aveva comprato i diritti di un libro del 1971 di William Burroughs, scrittore della Beat Generation, che si intitolava The Wild Boys: A Book of the Dead. Mulcahy voleva girare un film tratto da questo romanzo che raccontava di un futuro post atomico in cui bande di umanoidi adolescenti vivevano storie di violenza in un mondo sotterraneo nel tentativo di sovvertire l’ordine delle nazioni del mondo. Sullo sfondo c’è anche il tema della pornografia, perché lo stesso Burroughs nel 1972 cercò di girare un film pornografico dalla sua stessa storia. Gli umanoidi del libro erano omosessuali, e a questa parte di pubblico sarebbe probabilmente stato diretto il film di Burroughs.
Mulcahy non aveva in mente l’elemento pornografico per il suo film, quanto l’ambientazione post-atomica, lo scenario surreale di un mondo sotterraneo, e le storie di combattimenti tra bande giovanili. Su questo chiedeva ai Duran Duran di fare una canzone: lui avrebbe poi girato il video, e in seguito il video avrebbe trainato la visione del film completo. Russell non avrebbe badato a spese per video e film.
I Duran Duran accettarono, e crearono la canzone probabilmnete più simbolica ed evocativa dell’intero decennio. Una musica assolutamente trascinante, un testo entrato nella storia, e un video che resta nei capolavori degli anni ’80.
Partiamo dal testo: dopo una prima strofa che sembra in effetti riportare all’ambientazione del libro, la seconda strofa sembra invece esternare la situazione di forte stress e alienazione che stavano vivendo i Duran Duran in quel periodo. Dopo il successo planetario dell’album Seven and the Ragged Tiger, i Duran Duran erano stati continuamente in tour, praticamente senza mai fermarsi neppure per un giorno se non per viaggi e spostamenti. Vivere in tour un anno è diverso da vivere in studio di registrazione, e i Duran Duran avevano accumulato una tensione insopportabile. Di lì a meno di un anno infatti i Duran Duran si sarebbero divisi in due gruppi, dopo la non eccitante prestazione del Live Aid, ma evidentemente già in autunno le pressioni erano eccessive.
E così nella seconda strofa si parla di sirene che danno il benvenuto, perché la polizia veniva a scortare i Duran Duran dal momento in cui atterravano in ogni città, si parla di sangue e dolore in riferimento alle dita di John Taylor e Andy Taylor, che suonavano basso e chitarra per ore e ore tutte le sere, si parla di telefoni che suonano mentre si balla sotto la pioggia, perché i Duran Duran venivano cercati costantemente anche durante i concerti, che si svolgevano con quasiasi condizione meteorologica, e infine si parla di una guerra a colpi di frecce riguardo a segreti che avrebbero potuto essere rivelati, il che potrebbe essere una prima allusione alle tensioni che porteranno il gruppo alla divisione.
E questo sentimento a metà tra frustrazione e ribellione è ben presente anche nel video, perché evidentemente Mulcahy ne era al corrente. E così vediamo un Simon Le Bon legato al mulino a vento che lo porta letteralmente sott’acqua, espressione che usiamo quando siamo troppo impegnati, troviamo un Nick Rhodes prigioniero in una gabbia con i suoi sintetizzatori, probabilmente la gabbia di creatività e precisione da cui non poteva più uscire. Troviamo Roger Taylor per aria a guidare una specie di apparecchio, probabilmente a raffigurare la paura che la bolla del successo possa improvvisamente rompersi e schiantarsi al suolo. Troviamo John Taylor legato sul tetto di un’auto, obbligato a tutti gli spostamenti del tour. E infine, troviamo Andy Taylor legato alla prua di una nave, come nell’atto di darsi in pasto al pubblico durante i concerti. Il video di The Wild Boys fu il video più costoso mai prodotto fino a quel tempo, e superò anche il costo del video di Thriller di Michael Jackson.
Durante la scena in cui Simon Le Bon è legato al mulino ci fu un problema tecnico e la ruota del mulino si fermò. Naturalmente, nella posizione in cui Simon era con la testa sott’acqua. Gli fu portato una specie di boccaglio per respirare, e in un minuto circa il meccanismo tornò a funzionare. I giornali riportarono un Simon le Bon in punto di morte per annegamento, ma il cantante minimizzò sempre e a volte negò addirittura questo episodio.
Tra l’altro una delle ballerine del video, vestita di grigio e con i capelli bianchi, è Perri Lister, amica di Mulcahy e a quei tempi fidanzata di Billy Idol. Era la sposa del video di White Wedding, per intenderci. Infine, nel video c’è un’altra protagonista, una testa robotica fatta con le tecnologie dell’epoca ma assolutamente indimenticabile.
The Wild Boys (che tutti chiamiamo “Wild Boys”, ma guardando le copertine del singolo e la copertina dell’album Arena, dove era la quinta canzone e l’unica inedita, direi che non c’è dubbio che ci voglia anche l’articolo) fu un successo clamoroso e divenne di fatto la canzone più famosa dei Duran Duran, e probabilmente di tutti gli anni ’80, forse avvicinata solo da Thriller e da Like a Virgin di Madonna. Sicuramente la popolarità di The Wild Boys non ebbe rivali in Europa. Addirittura il singolo The Wild Boys uscì con sei versione diverse della copertina: una raffigurante ogni membro del gruppo, più una con tutta la band insieme. Ovviamente duraniani e collezionisti cercarono e comprarono tutte e sei le copie – e a quei tempi non si potevano certo comprare online!
Insomma, i ragazzi selvaggi di Birmingham erano ormai usciti per sempre dal Rum Runner, il locale in cui quattro anni prima era iniziata la loro carriera, e avevano ormai conquistato il mondo. Da lì a meno di un anno, però, la loro storia era destinata ad interrompersi, almeno con questa formazione. E anche il film di Russell Mulcahy, per inciso, non uscì mai.
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